DIVORZIO: NESSUN ASSEGNO DI MANTENIMENTO ALLA MOGLIE CHE NON CERCA LAVORO

DIVORZIO: NESSUN ASSEGNO DI MANTENIMENTO ALLA MOGLIE CHE NON CERCA LAVORO

L'inerzia dell'ex coniuge, nella ricerca di un impiego di lavoro, è un
comportamento che potrà essere valutato dal giudice al fine di
concedere o meno l'assegno di mantenimento divorzile.
Con una recente sentenza il Tribunale di Treviso ha negato l'assegno di
mantenimento ad una donna, di 35 anni, alla quale è stata imputata
"una inerzia colpevole nel reperire un'occupazione".
Per i giudici la signora "ha un'età che le consentirebbe di
reinserirsi nel mondo del lavoro e possiede un titolo di studio
facilmente spendibile". In particolare il giudice ha
ritenuto che la donna si sia adagiata e che non vi sia stato "alcun
apprezzabile sacrificio della signora, durante la vita coniugale, che
abbia contribuito alla formazione o all'aumento del patrimonio",
e ciò rendendo ancora più ampio il divario economico tra i coniugi.
La stessa Corte di Cassazione, con la sentenza sotto trascritta,
è intervenuta sull'argomento ritenendo importante valutare, al fine
di concedere l'assegno di mantenimento, l'effettiva possibilità da
parte dell'ex moglie di svolgimento di un'attività lavorativa
retribuita, prendendo in considerazione ogni concreto elemento, sia
individuale che ambientale.
Cassazione civile, sez. VI, 27/10/2017,n. 25697
fatto-
che la parte ricorrente ha proposto ricorso, fondato su tre motivi,
avverso il decreto della Corte d'appello di Milano del 3 luglio 2015,
il quale, per quanto ora interessa, ha confermato la decisione del
tribunale circa l'attribuzione dell'assegno di mantenimento per i due
figli, collocati presso la madre, di Euro 2.700,00 ciascuno ed alla
moglie per Euro 2.162,00, oltre al pagamento del 100% delle spese
straordinarie per i minori, nati rispettivamente nel 1998 e nel
2000;- che la corte del merito ha rilevato come il L. abbia
spontaneamente chiesto la conservazione di dette misura e modalità
per l'assegno in favore dei figli, mentre ha chiesto la diminuzione
dell'assegno alla moglie;- che la parte intimata resiste con
controricorso;- che è stata disposta la trattazione con il
rito camerale di cui all'art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i
relativi presupposti;- che la parte ricorrente ha depositato
la memoria.DirittoCONSIDERATO- che il secondo
motivo - da trattare con priorità logico-giuridica - deduce l'omesso
esame ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (come sostituito dal D.L. 22
giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv. dalla L. 7
agosto 2012, n. 134), per avere la corte del merito interamente
omesso di esaminare le circostanze, pur decisive ai sensi della L. 1
dicembre 1970, n. 898, art. 5, comma 6, dell'inerzia della ex-coniuge
nella ricerca di un impiego e del rifiuto dalla medesima opposto ad
una concreta opportunità lavorativa presentatale;- che non
sussiste la dedotta ragione di inammissibilità del motivo, allegata
dalla controricorrente invocando la regola della cd. doppia conforme:
posto, invero, che l'art. 348-ter c.p.c., commi 4 e 5, che escludono
il ricorso per cassazione ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., si
applicano solo "fuori dei casi di cui all'art. 348-bis, comma 2,
lett. a)", onde quella regola resta inapplicabile ai giudizi
vertenti nelle materie di cui all'art. 70 c.p.c., comma 1, ove
l'intervento del pubblico ministero è obbligatorio: qual è la causa
di divorzio, L. n. 898 del 1970, ex art. 5, comma 1;- che il
motivo in questione è manifestamente fondato, posto, da un lato, il
rilievo decisivo, per
l'attribuzione e la quantificazione dell'assegno, che l'eventuale
prova delle condotte allegate circa il mancato reperimento, da parte
del coniuge, di una entrata economica frutto della propria
individuale attività lavorativa, deve avere sulla decisione in
discorso, alla stregua del consolidato principio secondo cui deve
trovare adeguata considerazione, nella decisione del giudice del
merito, l'attitudine a procurarsi un reddito da lavoro (insieme ad
ogni altra situazione suscettibile di valutazione economica) da parte
del coniuge che pretenda l'assegno di mantenimento a carico
dell'altro, tenendo quindi conto della effettiva possibilità di
svolgimento di un'attività lavorativa retribuita, in considerazione
di ogni concreto fattore individuale ed ambientale, pur senza che
assumano rilievo mere situazioni astratte o ipotetiche (Cass., ord. 4
aprile 2016, n. 6427; Cass. 13 febbraio 2013, n. 3502; Cass. 25
agosto 2006, n. 18547, ed altre; nonchè, di recente, Cass. 10 maggio
2017, n. 11504), principio che tanto più rileva in sede non di prima
separazione, ma di definitiva cessazione della relazione coniugale in
seguito al divorzio, e, come nella specie, di figli ormai grandi
(nati nel 1998 e nel 2000), i quali dunque non necessitino della
costante presenza fisica di un adulto; e, dall'altro lato, la
completa pretermissione di tale elemento, pur oggetto di discussione,
nella motivazione della sentenza impugnata;-
che il terzo motivo deduce l'omesso esame ex art. 360 c.p.c., comma
1, n. 5, con riguardo alla proposta, formulata in udienza il 26
novembre 2014, dall'odierno ricorrente, relativa alla corresponsione
di un assegno una tantum, si rivela invece manifestamente infondato,
posto che della L. 10 dicembre 1970, n. 898, art. 5, comma 8, sullo
scioglimento del matrimonio prevede che solo "su accordo delle
parti la corresponsione può avvenire in unica soluzione ove questa
sia ritenuta equa dal tribunale": essendo pacificamente
l'accordo mancato, l'omesso esame del punto non risulta decisivo per
la decisione ora impugnata;- che il primo motivo, afferente
le spese di lite, è assorbito (non senza rilevare come la questione
non fosse riproposta nelle conclusioni in appello);- che,
pertanto, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al giudice del
merito, in diversa composizione, affinchè proceda, alla luce del
richiamato principio, ad un nuovo apprezzamento della vicenda occorsa
ed a giudicare, in conseguenza, del mantenimento, della riduzione o
della soppressione dell'assegno di mantenimento, tenuto conto della
capacità lavorativa della controricorrente e del rifiuto, ove
ritenuto provato, della medesima rispetto ad occasioni di lavoro
concretamente presentatesi;- che al giudice del rinvio si
demanda, altresì, la statuizione sulle spese del giudizio di
legittimità.PQMLa Corte accoglie il secondo motivo di
ricorso, assorbito il primo e respinto il terzo; cassa la sentenza
impugnata e rinvia la causa innanzi alla Corte d'appello di Milano,
in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del
giudizio di legittimità.In caso di diffusione del presente
provvedimento, dispone omettersi le generalità e gli altri dati
identificativi delle parti, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art.
52.Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23
giugno 2017.Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2017