Per donazione si intende quel contratto con il quale una parte, per puro spirito di liberalità, arricchisce l'altra parte disponendo in suo favore di un suo diritto o assumendo verso la stessa di una obbligazione.
E' altresì donazione quella liberalità fatta per riconoscenza o in considerazione dei meriti del donatario o per speciale rimunerazione.
In ogni caso non costituisce donazione quella liberalità che si suole fare in occasione di servizi resi o comunque in conformità agli usi.
Le donazioni, a pena di nullità, devono essere fatte per atto pubblico ad eccezione del caso in cui siano di modico valore.
Infatti le donazioni di modico valore, di beni mobili, sono valide con la semplice consegna del bene, quindi anche senza atto Notarile.
Però non sempre è facile valutare quando una donazione è ritenuta modica. Il Codice Civile, all'art. 783, secondo comma, precisa che la donazione deve essere valutata come modica in relazione alla condizioni economiche del donante.
In una recente sentenza la Corte di Cassazione è intervenuta sull'argomento trattando il caso di una madre che citava in giudizio la figlia e la nipote al fine di chiedere la condanna alla restituzione della somma di 140.000,00 euro che la stessa assumeva di avere prestato alle due, in contanti e assegni, per permettere la ristrutturazione di un immobile. Chiedeva, in subordine, la restituzione dell'importo in quanto trattavasi in ogni caso di indebito arricchimento.
Il tribunale accoglieva la domanda di restituzione della somma ritenendo sussistere l'ipotesi di un ingiustificato arricchimento della figlia e nipote. In particolare rilevava che non era stato dimostrato l'esistenza di un contratto di mutuo tra le parti ma che comunque un arricchimento ingiustificato vi era stato.
La figlia e la nipote proponevano appello alla sentenza e la Corte d'Appello accogliendo il loro ricorso evidenziando che, il caso in esame, trattava l'ipotesi di somme date in donazione e non di ingiustificato arricchimento. In particolare si trattava di donazione di modico valore.
La madre proponeva ricorso in Cassazione la quale rigettava la domanda, confermando così l'appello, e precisando che “nelle donazioni di denaro di modico valore non è essenziale la forma solenne della scrittura pubblica notarile e che ai fini del riconoscimento del modico valore di una donazione il giudice dovrà tenere conto di due criteri: quello obiettivo, correlato al valore del bene che ne è oggetto, e quello soggettivo, per il quale si tiene conto delle condizioni economiche del donante, di tal che l'atto di liberalità, per essere considerato di modico valore, non deve mai incidere in modo apprezzabile sul patrimonio del donante.
Inotlre precisca la Cassazione come la modicità del valore della donazione deve essere valutata anche in rapporto alle condizioni economiche del donante, ciò importa che, sulla base della varia potenzialità reddituale di quest'ultimo, può venire meno il carattere della modicità se quelle condizioni siano modeste, come, viceversa, può ricorrere quel carattere se quelle condizioni siano particolarmente prospere.
Sentenza integrale
Sentenza Corte di Cassazione n. 3858 pubblicata il 17 febbraio del 2020
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Cate... omissis propone ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza n. ..2015 della Corte d'appello di Torino, depositata il... omissis.
S + S omissis resistono con controricorso.
Con citazione del ... marzo 2011, Cate.... omissis convenne davanti al Tribunale di Mondovì la figlia S. omissis e la nipote S. omissis, domandandone la condanna alla restituzione della somma di C 140.000,00, data in mutuo in più rate, negli anni dal 2003 al 2007, con denaro contante o assegni circolari, per consentire la ristrutturazione dell'immobile di Trinità dove le convenute risiedevano. In subordine l'attrice domandò il pagamento dell'indicato importo a titolo di ingiustificato arricchimento. S + S omissis replicarono che le ripetute dazioni di denaro dovessero imputarsi, piuttosto, in parte alla divisione del ricavato di una vendita di un immobile rientrante nel patrimonio familiare ed in parte a liberalità di cui la nonna omissis aveva beneficiato la nipote S omissis.
Il Tribunale, con sentenza del 30 gennaio 2013, ritenne che l'elargizione degli importi dedotti in lite non fosse stata contestata dalle convenute, e che, tuttavia, neppure era stata raggiunta la prova dell'impegno restitutorio di queste ultime, e perciò accolse la sola domanda ex art. 2041 c.c. avanzata in via subordinata.
Proposero appello in via principale S.+ S omissis deducendo le già menzionate causali delle attribuzioni di denaro, mentre C. omissis formulò appello incidentale per l'accoglimento della sua pretesa principale fondata sulla configurabilità di un mutuo. La Corte d'appello di Torino riformò la decisione di primo grado e rigettò le domande proposte da C. omissis, considerando non inverosimili le allegazioni di S + S omissis, secondo cui le elargizioni di denaro oggetto di lite trovavano spiegazione nei rapporti interni al nucleo familiare, tenuto conto della morte di G. omissis marito di C omissis e padre di S omissis e delle conseguenze patrimoniali della stessa successione, nonché della situazione di S. omissis (nipote), che era stata abbandonata dal padre. Tale conclusione era avvalorata, ad avviso della Corte di Torino, dal difetto di prova di un impegno restitutorio assunto da S e S. omissis, non valendo a tanto la circostanza che fossero stati emessi assegni circolari in favore dell'una o dell'altra, ovvero, in un'occasione, e per l'importo di C 10.000,00, a favore di .. omissis, incaricato della ristrutturazione dell'immobile. Ancora, ad avviso dei giudici di secondo grado occorreva riconoscere significatività complementare al dimostrato ricorso al mutuo bancario da parte di S omissis proprio per sostenere i costi delle opere di manutenzione edile. Le elargizioni di denaro per la Corte d'appello non risultavano, pertanto, sfornite di causa, visti i plurimi elementi di valenza contraria emersi nel giudizio. Le stesse risultanze istruttorie indussero la Corte di Torino a negare altresì la pretesa restitutoria ex mutuo. Infine, la Corte d'appello escluse la necessità del requisito dell'atto pubblico per le liberalità, in quanto di valore modico ed in un caso avente forma di donazione indiretta (l'assegno al C. omissis impresa costruttrice).
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, e 380 bis.1, c.p.c. La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 380 bis.1, c.p.c. 1.11 primo motivo di ricorso di C omissis denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 167 e 183 c.p.c., dell'art. 2697 c.c. e dell'art. 24 Cost. Si evidenzia che le convenute S + S omissis avessero allegato soltanto nella terza memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., e dunque tardivamente, che le dazioni di denaro dovessero imputarsi in parte alla divisione del ricavato di una vendita di un immobile rientrante nel patrimonio familiare ed in parte a liberalità in favore della nipote, non avendo le medesime contestato dapprima nei loro scritti difensivi le prospettazioni dell'attrice. Si richiama anche la valenza dimostrativa della testimonianza resa da … omissis, cugino della A. omissis, che invece secondo la Corte d'appello aveva deposto su mere circostanze de relato circa i prestiti oggetto di causa. Il secondo motivo di ricorso di C .. omissis deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 167 e 183 c.p.c., nonché degli artt. 1813, 1817, 2041 e 2697 c.c., quanto alla verosinniglianza attribuita dalla Corte d'appello alle tesi difensive delle convenute, dovendo comunque queste ultime provare il difetto di un impegno restitutorio, giacché era indubbia l'avvenuta consegna delle somme di denaro. Peraltro, pur a considerare mancante la prova del mutuo, occorreva concludere che le dazioni di denaro ricevute da S+ S omissis fossero sprovviste di giusta causa, e quindi legittimassero la pretesa ai sensi dell'art. 2041 c.c. Il terzo motivo di ricorso di S e S omissis allega la violazione e/o falsa applicazione degli artt.115, 167 e 183 c.p.c., nonché degli artt. 782, 783 e 2041 c.c., dovendosi ritenere le dazioni di denaro non di modico valore e perciò nulle per difetto di atto pubblico, considerate le condizioni economiche della F....omissis , con conseguente diritto alla restituzione ex art. 2041 c.c.
I tre motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e si rivelano del tutto infondati. Secondo consolidato orientamento di questa Corte, rispetto al quale la ricorrente non fornisce elementi che ne consentano il superamento, è proprio l'attore che chiede la restituzione di somme date a mutuo ad essere onerato, ex art. 2697, comma 1, c.c., di provare gli elementi costitutivi della domanda e, quindi, non solo la consegna, ma anche il titolo da cui derivi l'obbligo della vantata restituzione. L'esistenza di un contratto di mutuo non può infatti desumersi dalla mera consegna di assegni circolari o somme di denaro (che, ben potendo avvenire per svariate ragioni, non vale, di per sé, a fondare una richiesta di restituzione allorquando l'accipiens - ammessa la ricezione - non confermi, altresì, il titolo posto dalla controparte a fondamento della propria pretesa), essendo l'attore tenuto a dimostrare per intero il fatto costitutivo della sua pretesa, senza che la contestazione del convenuto (il quale, pur riconoscendo di aver ricevuto la somma, ne deduca una diversa ragione) possa tramutarsi in eccezione in senso sostanziale e, come tale, determinare l'inversione dell'onere della prova (Cass. Sez. 2, 16/10/2017, n. 24328; Cass. Sez. 3, 28/07/2014, n. 17050; Cass. Sez. 2, 24/02/2004, n. 3642; Cass. Sez. 3, 19/08/2003, n. 12119; Cass. Sez. 3, 06/07/2001, n. 9209; Cass. Sez. 3, 03/02/1995, n. 1321). E' dunque evidente che la prova data da C....omissis di aver consegnato tra il 2003 ed il 2007 alla figlia omissis ed alla nipote omissis la somma di 140.000,00, mediante dazioni di denaro contante o assegni circolari, non conferma affatto l'esistenza di un contratto di mutuo.
Le mere difese (ovvero, le contestazioni dei fatti costitutivi della domanda, in quanto tali non soggette ai limiti ed alle preclusioni di cui agli artt. 167 e 183 c.p.c.) avanzate da S+ S omissis, secondo cui le dazioni di denaro erano spiegabili in relazione alla divisione del ricavato di una vendita di un immobile familiare ed alle liberalità disposte da C omissis in favore della nipote, non potevano certo comportare un onere probatorio invertito da porre a carico alle convenute. Circa i riferimenti fatti nelle censure all'art. 115, comma 1, c.p.c., è perciò del tutto irrilevante che le convenute non avessero contestato le dazioni degli assegni e del denaro contante, mentre comunque la ricorrente non adempie l'onere, imposto dall'art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., di trascrizione degli atti processuali sulla cui base il giudice di merito avrebbe dovuto ritenere integrata, piuttosto, la non contestazione della specifica circostanza che tali dazioni fossero avvenute a titolo di mutuo, consistente o nell'ammissione esplicita di detta causale o, quanto meno, nell'impostazione di un sistema difensivo incompatibile con la sua negazione. La Corte d'appello, nel rigettare la domanda restitutoria di C omissis, ha così congruamente rinvenuto nei rapporti conseguenti alla successione di G. omissis e nell'assistenza alla nipote S. omissis , abbandonata dal padre, circostanze idonee a giustificare la causa delle elargizioni di denaro effettuate da C. omissis.
La valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull'attendibilità dei testi (nella specie, quanto alle dichiarazioni rese da M .. omissis, considerate non significative dalla Corte d'appello) come la scelta, tra le varie emergenze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un'esplicita confutazione degli altri elementi istruttori non accolti, anche se allegati dalle parti; tale attività selettiva si estende pure all'effettiva idoneità di un teste a riferire circostanze determinanti, e cioè al convincimento sull'efficacia dimostrativa della fonte-mezzo di prova.
Quanto poi alla domanda di indebito arricchimento, va sottolineato dapprima che, ove si domandi la restituzione di un pagamento che si assume ab origine privo di causa, ricorrono gli estremi, piuttosto, dell'azione di ripetizione dell'indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., e che, comunque, l'azione ex art.2041 c.c. non può configurarsi allorché, come nel caso in esame, il giudice del merito, con apprezzamento di fatto delle risultanze di causa non sindacabile in sede di legittimità, abbia ravvisato idonei titoli costitutivi dello spostamento patrimoniale da un soggetto ad un altro. Circa il difetto della forma solenne di cui all'art. 782 c.c., la sentenza impugnata ha reputato le singole donazioni di denaro di modico valore. Deve a tal fine richiamarsi l'orientamento costante di questa Corte secondo cui, ai fini del riconoscimento del modico valore di una donazione, per la quale non si richiede la forma dell'atto pubblico ad substantiam, l'art. 783 c.c. non detta criteri rigidi cui ancorare la relativa valutazione, dovendosi essa apprezzare alla stregua di due criteri: quello obiettivo, correlato al valore del bene che ne è oggetto, e quello soggettivo, per il quale si tiene conto delle condizioni economiche del donante, di tal che l'atto di liberalità, per essere considerato di modico valore, non deve mai incidere in modo apprezzabile sul patrimonio del donante.
Il terzo motivo di ricorso, strutturato come violazione di norme di diritto e non come omesso esame di fatto, nulla espone circa la deduzione nelle pregresse fasi di merito dei dati analitici essenziali attinenti al valore delle somme di denaro consegnate (indicate nell'esposizione delle vicende di causa come oscillanti tutte tra C 20.000,0 ed C 5.000,00), nonché alla potenzialità economica di C omissis, onde far affermare, ovvero escludere, che le liberalità incidessero in modo apprezzabile sul patrimonio della donante. Poiché il comma 2 dell'art. 783 c.c. stabilisce che la modicità del valore della donazione deve essere valutata anche in rapporto alle condizioni economiche del donante, ciò importa che, sulla base della varia potenzialità reddituale di quest'ultimo, può venire meno il carattere della modicità se quelle condizioni siano modeste, come, viceversa, può ricorrere quel carattere se quelle condizioni siano particolarmente prospere. Si tratta, in ogni modo, di indagine rimessa all'apprezzamento del giudice di merito la cui valutazione, involgendo un giudizio di fatto, ed imponendo un contemperamento di dati analitici, è insindacabile in sede di legittimità, se non ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (Cass. Sez. 2, 12/06/2001, n. 7913; Cass. Sez. 1, 30/12/1994, n. 11304; Cass. Sez. 2, 21/04/1989, n. 1873; Cass. Sez. 2, 24/02/1982, n. 1134; Cass. Sez. 1, 27/02/1980, n. 1400; Cass. Sez. 2, 16/03/1976, n. 967).
Il ricorso va perciò rigettato e la ricorrente va condannata a rimborsare alle controricorrenti le spese del giudizio di cassazione nell'importo liquidato in dispositivo.Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto. P. Q. M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare alle controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi C 6.000,00, di cui C 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso